Autore: Luca Serafini
Tratto dall'Annuario C.A.I. Alta Valle Brembana 2020 e pubblicato
integralmente sul numero di Settembre 2021 della rivista "All'ombra del
Rodes"
Se mostrassi queste foto di placche granitiche a qualunque alpinista che abbia
familiarità con le Orobie e con la loro, ahinoi, roccia friabile e scistosa, e
gli chiedessi dove pensa che siano state scattate, molto probabilmente mi
risponderebbe: “non certo sulle Orobie!
Forse si
riferiscono a pareti del Masino, o dell’Adamello…” E invece le foto sono state
scattate sulla Parete Nord della Cima di Venina, sullo Scudo della Val Venina
e sulla Parete NO del Corno Stella. Cos’hanno in comune queste pareti?
Sono costituite dalla roccia più antica delle Orobie, che i geologi solo
recentemente (nella decade 2010-2020) hanno potuto datare, applicando tecniche
radio-metriche molto avanzate, ad un’età compresa tra i 500 milioni e i 2
miliardi di anni! Basti pensare che i graniti del Masino e dell’Adamello sono
bebè al confronto, con un’età di “soli” 30-40 milioni di anni…!
Per non parlare dei calcari che formano tutte le Prealpi Orobie, di età
compresa tra 150 e i 250 milioni di anni, e la cosiddetta formazione di
Collio, che costituisce tutte le Orobie ad Est del Masoni (Diavoli e Coca
compresi), datata circa 300 milioni di anni. Questa roccia invece, la più
antica delle Orobie, appartiene al substrato cristallino basale su cui si
“appoggiano” tutte le Orobie, e che fa parte della placca tettonica africana,
o meglio della sua sotto-placca Adria (quella che sostiene il mar Adriatico e
gran parte della Pianura Padana): è lo Gneiss Chiaro del Corno Stella,
cosiddetto G.C.C.S., che emerge in una fascia
Siltri-Tartano-Porcile-Cadelle-Toro-Stella-Venina in corrispondenza della
famosa “linea del Porcile”, dove è stata fatta emergere a partire dalle
profondità della crosta terrestre dalle impressionanti spinte orogenetiche che
hanno formato le Alpi a partire da 70-80 milioni di anni fa fino a circa 25-30
milioni di anni fa. In particolare nella zona della cosiddetta linea del
Porcile, l’enorme spinta tettonico-orogenetica, ha portato le rocce più
antiche (GCCS e Gneiss di Morbegno) a sovrastare le rocce più giovani (i
calcari, i conglomerati/verrucani e la formazione di Collio): segno gigantesco
di questa spinta titanica che ha aperto la crosta terrestre come un carciofo
sono le lame verticali ben famose del Passo San Simone, che una volta erano
orizzontali (come tutte le rocce stratificate sedimentarie), ma sono state
deformate e innalzate dalla stessa spinta della placca Adria verso Nord alla
linea Insubrica (la Valtellina di oggi), che ha al tempo stesso accorciato di
oltre 50 km la crosta terrestre da Milano alla Valtellina! Ed oggi il GCCS è
qui per deliziare gli arrampicatori che amano i cristalli granitici! Insomma
una polenta ben cotta arrivata fino ai nostri giorni per deliziare il palato
dei più esigenti scalatori orobici. Certo, il GCCS non è veramente granito, ma
dal punto di vista arrampicatorio le due rocce sono quasi del tutto
equivalenti: compatte, fratturate in fessure nette, con una texture molto
rugosa e cristallina, per la gioia delle scarpette d’arrampicata. Se mai, la
chiodatura sul GCCS è molto più impegnativa che sul granito, vista la
frequente presenza di fessure cieche…

Ma come abbiamo condotto la nostra esplorazione e identificazione
delle pareti gneissiche delle Orobie? Grazie a questo bellissimo
articolo scientifico dei colleghi D’Adda e Zanchetta dell’Università
Bicocca di Milano, la cui lettura consiglio vivamente a tutti, con
foto e cartine esplicative bellissime su questa zona delle Orobie e
le rocce che la costituiscono, incluso il bellissimo GCCS.
Paolo D’Adda & Stefano Zanchetta (2015) Geological-structural
map of the Orobic and Porcile thrust junction, central Southern
Alps (N Italy), Journal of Maps.
Articolo D'Adda e Zanchetta
Qui di seguito vi presentiamo quattro salite realizzate nell’estate del
2020 in questo regno del GCCS: tre salite sono nuove ascensioni mentre la
quarta è una prima ripetizione di una via aperta nel 2018.
1) VIA CRAPA DEL BECH, BELAY ON IBEX SKULL
PARETE NORD CIMA DI VENINA
MARCO E LUCA SERAFINI, 1 AGOSTO 2020 (IV GRADO)

La Cima di Venina costituisce l’ultimo scoglio affiorante verso Est
sul crinale orobico di GCCS. Oltre questa vetta la formazione di
Collio (ceneri vulcaniche schiacciate e blandamente metamorfizzate…) è
troppo spessa per poter essere perforata dal basamento cristallino in
risalita dal mantello, sotto la spinta orogenetica che ha formato la
catena alpina, e così più a Est del Venina ci teniamo le tanto
vituperate rocce orobiche, scistose e friabili, dal Diavolo allo Scais
(con qualche rara eccezione di bella e compatta vulcanite, vedi
Pinnacolo di Maslana). La Cima di Venina protende invece un pilastrone
spigoloso verso Nord, proprio al di sopra del Lago di Publino,
costituito da un ottimo GCCS del tutto simile a quello della parete NO
del Corno Stella, ma di dimensioni ridotte, con un dislivello totale
di circa 160 metri. Qui il GCCS si esprime al suo meglio, essendo
lavorato dal gelo e spaccato in grandi fessure in modo del tutto
analogo al granito di alta quota (Masino, Adamello, etc), al contrario
del GCCS presente nei Pioder (quello del Toro-Valbona, lo Scudo del
Venina, etc), che, levigato dai ghiacciai orobici nel Pleistocene,
presenta placconate così compatte da non offrire fessure chiodabili
(né friend-abili).
L’arrampicata sulla Nord del Venina ricorda invece moltissimo quella
sulle pareti e spigoli granitici del Masino (con il dovuto rescaling
di quote e dislivelli). Tant’è che ad un certo punto della
salita mi sembrava quasi di essere sullo spigolo N del Badile! Al
di sotto dello strapiombo sommitale, il terrazzo ghiaioso ben riparato
dove sostiamo ci presenta una sopresa: una stambecca anziana ha deciso
di venire qui a teminare i suoi giorni, e lo scheletro giace scomposto
e sparso in pezzi sui sassi del ghiaioncino. Una certa impressione ci
provoca il teschio, su cui re-inseriamo a mano le due corna, che erano
sparpagliate nei pressi: forse la morte risale a solo un paio di
settimane fa, ma la coppia di aquile che abbiamo avvistato mentre
eravamo ingaggiati sul primo tiro di corda, ed i gracchi numerosi che
volteggiano in cielo, devono aver compiuto l’opera di scarnificazione
in tempi rapidi, applicando il detto “mors tua vita mea”. Qui facciamo
la nostra terza sosta di arrampicata, che da il nome alla via – belay
on ibex skull.
2) LO SCUDO DEL VENINA
LA PLACCA PIÙ BELLA DELLE OROBIE!
Se mi avessero chiesto negli anni ’70 e ‘80, quando cercavo di
rivaleggiare con i Calegari ad aprire vie nuove sulle Orobie: si può
arrampicare su granito nelle Orobie come in Val Masino? Avrei risposto
dando del matto a chi avesse posto la domanda…! Credo che la migliore
risposta sia lo Scudo del Venina: una piccola Val di Mello in terra
Orobica… una liscia placconata gneissica larga circa 150 metri e alta
circa 130 metri, che si erge come uno scudo granitico in Val Venina,
regalatoci non solo dalla orogenesi alpina ma anche dalle glaciazioni,
che 10 mila anni fa hanno “generato” il ghiacciaio della Val Venina
che con le sue possenti masse glaciali spesse centinaia di metri ha
levigato lo Scudo, rendendolo a noi, homo sapiens
escalatorius, per il puro divertimento di una arrampicata stile
“friction”, tutta in aderenza con progressione in run-out dove i
cristalli quarziferi ti trasmettono il brivido adrenalinico di capire
come si comporterebbe l’ultimo chiodo blade 7 metri sotto di te nel
caso di sollecitazione violenta e improvvisa. E non basta l’amico
Sergio, grande esperto di metallurgia e lavorazioni meccaniche, per
rassicurarti sulla sua tenuta… Ne nascono due vie che nulla hanno a
che invidiare con le famose vie di aderenza della Val di Mello,
battezzate Walk on Venina’s Wild Side e Walk on Venina’s Right Side,
in omaggio alla mia esperienza degli anni ’90 in terra californiana,
dove Saddle Rock (molto simile alla Scudo), nel deserto californiano
di Joshua Tree, offre una delle vie di aderenza su granito tra le più
famose di tutto il Nord America, per l’appunto “Walk on the Wild Side”
(in omaggio alla scandalosa canzone di Lou Reed): lo Scudo del Venina
come Saddle Rock, e “Walk on Venina’s Wild and Right Side” orobiche
per celebrare l’arrampicata in friction sulle Orobie! L'anno
successivo concludiamo l'esplorazione dello scudo tornarndo in questa
bellissima valle per aprire un'ultima linea. Sul lato sinistro dello
scudo lo gneiss si spacca di netto formando un muro strapiombante alto
più di 2 metri. Cercando il punto di minore resistenza troveremo un
corno che sbuca dal muraglione formando un grande gradino terrazzato,
tra le cui fessure crescono i fiori viola che danno il nome alla via
"Terrazzo Fiorito".
3) VIA GIULIA
PARETE NO CORNO STELLA
MARCO E LUCA SERAFINI, 15 AGOSTO 2020
Le due vie descritte qui sotto sulla Parete NO del Corno Stella
rappresentano per me una fortissima dimensione spirituale: la
Cercando Valerio l’ho aperta nel 2018 insieme a mia figlia Giulia,
scomparsa tragicamente in un incidente stradale nel luglio del 2019.
La via Giulia l’ho aperta insieme a mio figlio Marco per dedicarla
alla nostra figlia e sorella. La croce di vetta conserva una
targhetta ed un fiore a suo ricordo.
La via Giulia conta sei intensi tiri di corda che risolvono
direttamente il problema della grande placconata centrale del Corno
Stella, quella solo sfiorata dalla Cercando Valerio, e non
affrontata dalla Granitica Stellare (vedi Annuario 2018-2019).
L’arrampicata più tecnica ed impegnativa sinora aperta sul Corno
Stella, con difficoltà che arrivano al V+, ed una sostenutezza e
continuità notevoli. La compattezza del GCCS è qui escalata ai
massimi livelli, mettendo il primo di cordata alla prova di
un’abilità alla chiodatura in fessure cieche o semi-cieche: il terzo
tiro è davvero adrenalinico.
4) VIA CERCANDO VALERIO
PARETE NO CORNO STELLA
LUCA E GIULIA SERAFINI, 15 AGOSTO 2018
Una promessa all’amico Sergio Cantù (anch’egli apritore di numerose
vie nuove sulle Orobie) mi porta a ripercorrere la Cercando Valerio,
provocandomi un certo mis-feeling di nostalgia con un velo di
tristezza. Grazie a Sergio, che conosco da poco, ed i fratelli Silvano
e Gaetano Verderio, con cui arrampicavo quando avevo 15 anni, e che
non rivedevo da circa 40 anni (a parte la bellissima uscita allo Scudo
della Val Venina), sono tornato a ripetere la “Cercando Valerio” alla
parete NO del Corno Stella. Il ricordo della prima salita con Giulia,
sulle orme del grande alpinista Bruno Galli-Valerio, mi pesava ancora
nel cuore, e non ci sarei forse mai tornato se tre grandi amici non mi
avessero esplicitamente chiesto, e insistito, di portarli ad
arrampicare in questo remoto angolo delle Orobie, su una parete che
dopo la prima salita del 1910 era stata completamente abbandonata… più
di cent’anni di oblio inspiegabile, visto che il Corno Stella esibisce
la miglior roccia cristallina di tutte le Orobie. E visto che la sua
vetta è calcata ogni giorno d’estate da decine, a volte centinaia di
escursionisti avidi di godere del suo giustamente famoso panorama. Ho
salito ormai 4 volte questa parete, e la cosa che sempre mi colpisce è
vedere la processione di persone là in alto sulla cresta Ovest (quella
percorsa dal sentiero che sale dal Lago Moro), mentre attraverso la
desolata conca glaciale sommitale della Val Cervia, dove non ho mai
incontrato anima viva, 300 m di quota sotto la grande bastionata che
dalla cresta Ovest si protende a formare la parete vera e propria.
Già, perchè la parete NO del Corno Stella è quasi invisibile sia dal
Passo di Val Cervia che dalla cresta Ovest. Occorre risalire la Val
Cervia per restare impressionati dalla sua possenza.
E’ una gemma nascosta in uno scrigno, e si deve arrivare ai suoi piedi
per poterne ammirare la fiera bellezza. E tutte le volte non posso
riandare all’epica narrazione del Galli-Valerio sulla sua prima salita
dell’agosto 1910, che vi invito a leggere ammirando la vista del Corno
Stella come pochi hanno sperimentato, dal fondo della Val Cervia, nei
pressi della omonima Casera, quella dove i casari apostrofarono il
Galli-Valerio dicendogli che si sarebbe ammazzato nel tentativo di
risalita della parete NO!
Le nostre vie su Gneiss delle Orobie:
IV+/V, 6 tiri, R3
III/IV, 5 tiri, R2
Walk on Venina's Wild Side, IV+, 3 tiri, R4
Walk on Venina's Right Side, IV+, 2 tiri, R4
Terrazzo Fiorito, V, 3 tiri, R4
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